Tubo catodico generico
Storia
Il primo tubo a raggi catodici della storia è il tubo di Crookes, realizzato da William Crookes negli anni ‘70 dell’ottocento. A partire da questo primo prototipo, il tubo catodico ha subito varie modifiche e perfezionamenti, a partire dall’oscilloscopio di Ferdinand Braun, il quale avrà per la prima volta utilizzi pratici. Il tubo a raggi catodici man mano verrà sviluppato sempre di più, fino al modello usato nei laboratori oggi, ovvero il tubo catodico CRT (creato dal russo Rosing ed utilizzato poi nei televisori), che presenta delle placche per flettere il raggio di elettroni e creando di conseguenza dei disegni sullo schermo. Questo strumento ha fortuna però soprattutto in campo medico, è ad esempio utilizzato negli elettrocardiogrammi e lo stesso principio nei raggi x e gamma.
Descrizione
Il tubo catodico generico presenta una forma bulboidale costituita da:
- una parte cilindrica (di accelerazione) formata da un cannone elettronico composto da un circuito con filamenti di tungsteno collegato ad una batteria e dal “diaframma” che funge da lente focalizzatrice del fascio di elettroni;
- una parte sferica (di volo), alla cui estremità si trova uno schermo bianco di fosforo.
Tutta la struttura è posta sottovuoto.
Funzionamento
La tensione di riscaldamento provoca un flusso di corrente attraverso il filamento che lo riscalda per effetto Joule. L'aumento di energia interna del metallo porta all'emissione, per l'effetto termoionico, degli elettroni a basse energie, quindi si crea una nuvola di elettroni attorno al catodo riscaldato. Catodo e diaframma (che corrisponde all’anodo) vengono posti ad una certa differenza di potenziale, in modo che il catodo sia negativo e l'anodo positivo: nella regione compresa tra essi si ha un campo elettrico che agisce sugli elettroni accelerandoli verso l'anodo. Gli unici elettroni che passano attraverso il foro, di ampiezza 0,5mm e posto al centro del diaframma, sono quelli perpendicolari ad esso. Dopo aver superato l'anodo gli elettroni si muovono in avanti con velocità costante in direzione rettilinea, poiché non subiscono l'azione di altri campi. Tutto accade in un bulbo di vetro posto sottovuoto, in modo che gli elettroni non si scontrino con le molecole d'aria. Raggiunta l’estremità del bulbo si scontrano sullo schermo di fosforo, illuminandolo.