Il generatore di Van de Graaff
Storia strumento
Il generatore di Van de Graaff è un generatore elettrostatico in grado di accumulare una notevole quantità di carica elettrica in un conduttore, creando tra questo ed un elettrodo di riferimento, solitamente messo a terra, un'altissima tensione (si può arrivare fino a milioni di Volt). Fu inventato dal fisico statunitense Robert Jemison Van de Graaff (1901- 1967) nel 1929, che intendeva usarlo come acceleratore di particelle sfruttando le altissime differenze di potenziale che era in grado di generare. Il progetto originale di Van de Graff del 1929 era composto da 2 conduttori uguali che venivano caricati di segno opposto, che portava alla formazione di scariche tra i due gusci sferici. Sono stati in seguito realizzati strumenti simili, con 2 conduttori, o diversi, con un solo conduttore (come quello precedentemente descritto) il cui funzionamento è del tutto analogo.
Descrizione
La macchina di Van der Graaf è un generatore elettrostatico, composto da una colonna di materiale isolante che funge da sostegno ad una grande sfera metallica cava. Una cinghia di materiale isolante è montata su due rulli (il primo si trova all’interno della sfera mentre l’altro è situato alla base della macchina) ed è mantenuta in rotazione da un motore. Di fronte ai due rulli vi sono due pettini: uno è collegato alla sfera, l’altro ad un circuito che genera per strofinio cariche sulla cinghia. Queste cariche vengono poi trasportate, per azione del motore che muove la cinghia, all’interno della sfera metallica e si distribuiscono sulla superficie esterna.
Funzionamento
Il meccanismo di funzionamento del dispositivo è relativamente semplice, sfrutta infatti i principi base dell’elettrostatica. Il dispositivo è composto da un guscio sferico conduttore sorretto da un isolante. Al suo interno vi è una cinghia isolante tesa tra due pulegge, che viene messa in rotazione da un motore. La cinghia è posta in contatto con delle punte metalliche collegate a un generatore di tensione continua. Esse trasferiscono per induzione le cariche elettriche positive alla cinghia, che ruotando le trascina. La cinghia, che nella parte superiore dello strumento è messa in contatto con altre punte metalliche collegate al conduttore sferico, tramite esse cede le cariche acquisite al guscio e si scarica. Quest’ultimo acquista man mano sempre più carica, finché non si raggiunge una differenza di potenziale V max rispetto a terra, tale che il campo elettrico superficiale eguagli la rigidità dielettrica del gas circostante (valore limite di campo elettrico, oltre il quale si produce una conduzione di elettricità [scarica elettrica] attraverso il materiale dielettrico)
Solitamente vi è un secondo conduttore collegato allo strumento o a terra, che, caricandosi di segno opposto per induzione, quando viene avvicinato al conduttore principale si formano scariche. Il trasferimento di cariche alla cinghia può ancora più semplicemente avvenire per triboelettricità, nello strofinio con le punte metalliche; tuttavia, con un generatore elettrico si ottengono risultati migliori.