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fisica:strumenti:coherer

LAB2GO Scienza

Coherer

Descrizione

Il coherer nella versione più semplice è costituito da un tubicino di vetro del diametro di pochi millimetri nel quale sono inseriti da una parte e dall'altra due cilindretti di metallo conduttore, il cui diametro è appena inferiore a quello interno del tubicino. Questi sono collegati verso l'esterno con conduttori cilindrici di diametro più sottile. I due elettrodi lasciano al centro uno spazio di pochi millimetri. Questo volume è occupato da polveri di metalli non troppo pigiate e neppure troppo lasche. Bastano alcune prove per ottimizzarlo.

Immagine dal 1° testo in bibliografia



Questo esemplare è stato costruito da F. Balilli (vedere in seguito) e la polvere di metallo è stata ricavata limando la moneta da 100 lire, visibile nella foto, per il 96% mentre un 4% è stato ottenuto da un ciondolo di argento. Il tutto aveva una massa di 10 mg.
Il coherer divenne popolare quando fu usato nel 1895 da G. Marconi per la rivelazione delle onde elettromagnetiche, anche se la sua invenzione era precedente; e, storicamente, il primo rivelatore con coherer si deve ad A. S. Popov sempre nel 1895.

Immagine da 2° testo in bibliografia


Schema di un ricevitore di Marconi. Per una spiegazione del ricevitore vedere all'indirizzo: https://lab2go.roma1.infn.it/doku.php?id=fisica:strumenti:ricevitore_di_marconi
Il coherer è un dispositivo sensibile, ma il suo funzionamento è “capriccioso” e a tutt'oggi non vi è nessuna valida spiegazione.
In condizioni normali offre una resistenza dell'ordine di decine o centinaia di kohm, ma, quando viene investito da onde elettromagnetiche, essa scende bruscamente a decine o poche centinaia di ohm, ed il coherer diventa un buon conduttore, come se i granelli di polvere metallica subissero una coesione (da qui il nome dato da O. Lodge).
Se poi il tubetto viene lievemente urtato (o comunque mosso) ritorna nel suo stato di alta resistenza, a meno che non venga di nuovo investito da onde elettromagnetiche.
Dunque esso è un sensibile rivelatore del tipo on-off, che fu usato fino all'avvento del diodo di J.A. Fleming (1904) o meglio del triodo di L. de Forest (1906).
Il coherer comunque sopporta una bassa corrente che però è sufficiente ad azionare un relais che a sua volta manda il segnale al ricevitore del tipo Morse e contemporaneamente eccita l'elettromagnete che aziona il martelletto che urta il tubetto.
Il coherer ora non conduce più, ma è pronto a condurre di nuovo se influenzato da un nuovo impulso di onde elettromagnetiche.
Uno degli inventori del coherer fu Temistocle Calzecchi Onesti.
Egli non fu il primo a scoprire le proprietà elettriche delle polveri racchiuse in un tubetto, ma certamente eseguì, nel Gabinetto di Fisica del Liceo di Fermo, numerosi esperimenti sistematici tra gli anni 1884 – 1886 che furono pubblicati nel Nuovo Cimento, come si dirà più sotto.\

Immagine da «L'opera di Marconi. “Fu vera gloria?”»

La foto mostra un suo coherer ed è a pag. 8 di G. Dragoni, M. Lodi, E. G. Garofalo, L’opera di Marconi. “Fu vera gloria?”; dal Giornale di Fisica, della Società Italiana di Fisica, Volume 52, gennaio-marzo 2011.

Lo stesso coherer è nella mano sinistra del sig. Federico Balilli, che, come tecnico del ITI G. e M. Montani, costruì diversi esemplari di coherer usati in varie dimostrazioni sperimentali. Mentre nella mano destra vi è un coherer di Marconi.

Una “ricetta” di Marconi, il quale riuscì a rendere il coherer molto sensibile e stabile nel funzionamento, consiste nell'impiego di polveri di nichel per il 96% e di un 4% di argento, facendo anche un buon vuoto al suo interno, e ovviamente la brevettò.
Secondo Il Prof. Guido Pegna dell’Università di Cagliari: «Il fenomeno del coherer è ancora misterioso.
I fatti. 1) Una tensione continua di 3 V, applicata al coherer, non lo manda in conduzione. 2) Un molto più debole segnale costituito da un’onda sinusoidale smorzata lo manda in conduzione. 3) la frequenza dell’onda smorzata non ha importanza: da pochi kHz fino ai GHz. 4) Ed è più strano: il coherer diventa conduttore a seguito di una scintilla anche se non è alimentato (pile staccate)».
Ciò che si osserva è che se il coherer viene inserito in un semplice circuito alimentato da una pila fa passare una debolissima corrente dal comportamento capriccioso, ma se nei pressi scocca una scintilla e le onde elettromagnetiche investono la limatura, la sua resistenza che era dell’ordine di 100 MΩ scende ad un centinaio di Ω ed anche molto meno. Per interrompere la conduzione basta esercitare una lieve scossa meccanica sul tubetto. Come si è detto.
T. Calzecchi Onesti ruotava mediante una maniglia il suo coherer: un cilindro lungo ben 35 cm, con diametro interno di 2 cm (quello nella prima figura e nella mano sinistra di F. Balilli è di proprietà degli eredi), descritto nella sua prima nota pubblicata nel “Nuovo Cimento” nel 1884; alla quale seguirono due note pubblicate in due numeri della stessa rivista nel 1885 e nel 1886.
T. Calzecchi Onesti ha il merito di aver eseguito a lungo e con metodo prove e controprove, cambiando sia i metalli sia le loro dimensioni, passandole al setaccio, e mutando altre condizioni, ogni volta ribadendo la sua meraviglia nell’osservare il passaggio repentino alla conduzione (e l’aumentare della corrente se le interruzioni fatte erano più frequenti) chiudendo il circuito per più volte in successione.
Nel 1888 H. Hertz scoprì le onde elettromagnetiche e in seguito altri scoprirono che il coherer era un sensibilissimo rivelatore di quelle onde. E nel 1884-1886 Calzecchi Onesti non poteva immaginare che le scintille elettriche, da lui provocate durante le sue prove, generassero tali onde!
Nella terza nota T. Calzecchi Onesti propose di usare il suo dispositivo come avvisatore microsismico.
Il Prof. E. E. D. Branly, forse senza conoscere i lavori di T. Calzecchi Onesti, sperimentò la conducibilità delle polveri metalliche accorgendosi nel 1890 dell’influenza delle o. e. m. ma era incerto sulle cause preponderanti tra la luce visibile della scintilla e le o. e.m. della scarica. La questione fu decisa in Inghilterra, dopo un vivace dibattito, dai professori O. Minchin e O. Lodge. Infatti in seguito il Prof. Sir Oliver Lodge ebbe maggior consapevolezza di questo processo, egli dal 1888 al 1894, dopo aver osservato al microscopio delle scintille tra le polveri (una sorta di microscopici archi elettrici), avanzò l’ipotesi che, quando le o. e. m. investono la limatura, si creano tra i granuli delle microfusioni e avviene la conduzione; la scossa meccanica rompe le microfusioni. Da qui derivò il termine “coherer” o in italiano “coesore” e in tedesco “fritter”.
Questa teoria fu accreditata per decenni, pur se non esente da critiche fondate.
Lodge comunque divulgò le esperienze di Branly.
In un lavoro del 1969 i Proff. G. Senigaglia e G. Tomassetti di Bologna hanno sottoposto ad alcune prove un coherer, forse costruito da B. Dessau collaboratore di A. Righi, alimentandolo con una tensione continua sovrapposta ad una alternata entrambe regolabili (per riprodurre le condizioni di lavoro marconiane), giungendo all’ipotesi di tre fasi successive e ben distinte del passaggio dalla non conduzione alla conduzione. In una prima fase la conduzione avverrebbe solo per la componente alternata per via capacitiva. La seconda fase vede la formazione di micro giunzioni dirette e inverse del tutto casuali; aumentando la tensione le micro giunzioni inverse vengono distrutte e si passa alla terza fase nella quale le giunzioni presenti sono solo dirette. I risultati sperimentali non sono però riproducibili perché dopo ogni prova il coherer ha uno stato completamente diverso. Ogni transizione di fase poi è improvvisa e catastrofica, pertanto le analisi dovrebbero avere un carattere statistico.
Una tale interpretazione si trova in sintesi nel libro di V. J. Phillips, Early radio wave detectors, Peter Peregrinus LTD., Stevenage U. K. and New York, 1980. Chapter 3 Coherers, pp. 18: «The coherer was perhaps the most important of all the early radio-wave detectors, and it was used in many different forms. It made use a phenomenon which occurs in a poor electrical contact, the sort of contact which the engineer of today would call a “dry joint”. Such an imperfect contact between two conductors normally exhibits a very high electrical resistance due, in large part, to the film of oxide which exists between two metals. When an alternating or direct voltage is applied between the conductors this resistance decreases quite markedly. A voltage of a few tenths of a volt is often quite sufficient to produce the effect. … during the period when coherers were being used there was considerable discussion and disagreement as to how exactly this resistance change came about. In fact, the phenomenon was never satisfactorily explained at that time because other, better, devices superseded them and interest was lost before the matter was resolved. ….».
Nel febbraio 2001 sui “Quaderni del Consiglio Regionale delle Marche” Anno V, N° 30, furono pubblicati gli atti di un convegno sugli scienziati marchigiani; tra questi vi è un articolo del Prof. C. Marcotulli riguardante una indagine in laboratorio, svolta con due allievi del “Montani”, dal titolo: “Temistocle Calzecchi Onesti”. Articolo apparso anche sulla rivista “Il Montani”.
Per evitare interferenze che potevano disturbare gli esperimenti, questi si svolsero in una grande gabbia di Faraday. Oggetto delle prove era uno dei coherer fabbricati da F. Balilli; il circuito molto semplice prevede un generatore variabile in C.C., un transistor nel cui circuito di base è inserito il coherer, il transistor comanda l’accensione di una lampadina da torcia elettrica.
Lampadina che normalmente è spenta poiché il coherer offre una resistenza elevatissima; però basta provocare nelle vicinanze una scintilla con un accendino piezoelettrico per provocare la conduzione con accensione della lampadina. Conduzione interrotta da un piccolo colpo sul tubicino. Un secondo circuito col classico metodo volt-amperometrico serviva per rilevarne le caratteristiche; il generatore in C. C. era limitato in corrente.
Le conclusioni tratte dai due esperimenti in estrema sintesi sono le seguenti: 1) per tensioni dell’ordine di 20 ÷ 30 V la corrente è dell’ordine di pochi microampere, la resistenza del coherer risulta elevata e costante; 2) per tensioni diverse per ogni prova ma dell’ordine di 50 ÷ 60 V il coherer entra spontaneamente in conduzione, la corrente inizia a crescere ma è impossibile misurane sia l’andamento sia i valori, la resistenza si assesta su pochi ohm e si mantiene costante se non si varia la tensione. 3) ripetendo più volte tutto il procedimento i valori sono quantitativamente diversi ma qualitativamente identici; 4) con l’ausilio di un oscilloscopio si sono misurati i tempi del cambiamento di stato dalla non conduzione alla conduzione e si sono trovati valori di pochi microsecondi. Seguono altre osservazioni lunghe e ben motivate, come l’influenza delle condizioni ambientali e in particolare il tasso di umidità sul suo comportamento.
In particolare è importante citare che, quando il coherer era sollecitato con ripetute scintille dell’accendino si osservava un certo “accumulo” degli effetti delle scariche nel senso che esso aumenta un po’ di più la conducibilità fino a che non si ha il processo di “coherizzazione”.
Inoltre la conduzione è bidirezionale, pertanto l’interpretazione della creazione di dry joint deve intendersi in entrambi i sensi di conduzione.
La estrema non ripetibilità delle condizioni iniziali e dei risultati non favorisce la scelta né verso il modello di Lodge, né verso il modello di Sinigaglia –Tomassetti. E neppure si può fare un ulteriore proposta.
Infine, l’uso di un oscilloscopio a memoria ha mostrato una strana somiglianza al triac, sia per la tensione di innesco della conduzione sia perché nel triac l’innesco può avvenire per un impulso di corrente sull’elettrodo di controllo, mentre nel coherer può avvenire per un treno di o. e. m. L’autore infine fa notare che mentre nel triac basta annullare la tensione di alimentazione o ridurre la corrente al di sotto di un valore caratteristico, nel coherer occorre un urto meccanico che scompigli le polveri. Inoltre in conduzione il triac si comporta come un diodo, mentre il coherer come una resistenza.
Tornando al nostro T. Calzecchi Onesti è facile trovare nella letteratura internazionale i molti nomi dei suoi precursori e di coloro che pur seguendolo cronologicamente rivendicarono la priorità dell’invenzione.
Primo a scoprire le proprietà delle polveri metalliche fu P. S. Munk af Rosenschöld dell’Università di Lund nel 1835; in particolare una scintilla elettrica emessa da una bottiglia di Leyda vicino alla fialetta, contenente la limatura metallica, ne mutava “istantaneamente” la conducibilità ; seguì nel 1852 S. A. Varley, che applicò polveri dapprima metalliche poi di carbone ad un dispositivo per la protezione delle linee del telegrafo dai fulmini. Nel 1884 appare sulla scena il nostro T. Calzecchi Onesti con due articoli apparsi con lo stesso titolo sul “Nuovo Cimento” “Sulla conduttività elettrica delle limature metalliche” nel 1884 e nel 1885; a cui segue una terza memoria dal titolo: “Di una nuova forma che può darsi all’avvisatore microsismico” nel 1886.
Segue E. E. D. Branly, professore di fisica a Parigi, che nel 1891 col suo “radio conduttore” riscoprì l’effetto delle scintille, già citato da Munk. Per non trascurare le lunghe vicissitudini del Prof. E. D. Hughes che scoprì nel 1872 le proprietà di detector di una fiala di vetro con limatura di zinco e argento, che poi sostituì col suo microfono a carbone, ben prima di H. Hertz, ma la sua dimostrazione sperimentale non fu capita dagli “esperti” della Royal Society, abbiamo dunque i detector “microfonici”. Quindi entra in scena J. C. Bose con la teoria dei “ricevitori molecolari”.
Appare in un’altra nazione il “fritter” e finalmente (almeno nel nostro riassunto molto succinto) il coherer di Oliver Lodge, il quale ha ben chiaro il concetto che le oonde elettromagnetiche influenzano la conducibilità delle polveri metalliche ed ha la cortesia di attribuire al Branly la priorità, pur dandone per primo una spiegazione per l’epoca accettabile. A questi pionieri, seguirono moltissimi inventori-costruttori e si arrivò a realizzare dei coherer autodecoherizzanti. Poi Marconi inventò il detector magnetico, ma apparvero nel 1904 il diodo di Fleming e nel 1906 il triodo di De Forest e gli apparati cambiarono radicalmente.
Occorre citare un breve brano che contribuisce ad appianare, pur ricorrendo ad una falsa cronologia, le questioni. Brano che appare in H. G. J. Aitken, “Syntony And Spark The Origins of Radio”, Princeton University Press 1985. pag. 285: «The coherer principle was, however, discovered almost simultaneously by Professor Calzecchi Onesti of Fermo, Italy, and it may be that Marconi’s knowledge of the device came from that source rather than from Branly». Per essere precisi T. Calzecchi Onesti pubblicò il suo primo articolo sul Nuovo Cimento nel 1884, mentre Branly nel 1891. Marconi, pur essendo a conoscenza delle esperienze di T. C. O. fin dal 1902-1903 e forse da molto prima per merito di Vincenzo Rosa, nel suo discorso per il Nobel, citò Branly ma non T. C. O. e questo dice pur qualcosa del suo modo di fare. Nel libro citato sopra, V. J. Phillips, da pag. 57 a pag. 60 riporta le interpretazioni del fenomeno di coherizzazione, ma credo a questo punto di aver esaurientemente illustrato, con gli scritti del Prof. Guido Pegna e del Prof Claudio Marcotulli, che esso ancor oggi resta inspiegabile.

Le due foto mostrano il primo coherer costruito da F. Balilli e posto nel fuoco dell'antenna cilindrica a sezione parabolica di un ricevitore del tipo marconiano che fa parte della collezione del Liceo Classico A. Caro di Fermo in cui T. Calzecchi Onesti insegnò mentre faceva gli esperimenti citati sopra.

Bibliografia minima.
Oltre ai volumi e articoli citati nel testo, per un approfondimento della biografia di T. C. O. si consiglia:
A cura di E. Fedeli e M. Guidone, La conquista della telegrafia senza fili, Temistocle Calzecchi Onesti e il Coherer, Nuova Alfa Editoriale, Bologna, 1987, da cui è tratta la prima figura.
Per una vasta documentazione dell’epoca: A. Righi e B. Dessau, La telegrafia senza filo, N. Zanichelli, Bologna 1903, da cui è tratto lo schema del ricevitore marconiano.
O. Murani, Trattato elementare di fisica, Vol. II ottica ed elettricità, U. Hoepli, Milano 1931.
Per chi fosse interessato a leggere una biografia di T. Calzecchi Onesti in rete c’è una vasta scelta, per quanto nessuna delle letture offerte rende merito alla sua complessa personalità.
Ne citiamo alcuni in sitografia.
In internet si trova una vastissima varietà di lavori, immagini e video; cercare alle voci: coherer o fritter.

Esperienze

Esperienze possibili Descrizione

Sitografia

Inserire la sitografia relativa allo strumento

Link Descrizione
https://www.istitutomontani.edu.it/museovirtuale/2-il-coherer-e-un-convegno-del-1985/Breve resoconto su un convegno sul coherer del 1985; vi sono approfondimenti sul coherer.
http://www.sisfa.org/wp-content/uploads/2013/03/xviGuidone.pdf Calzecchi Onesti e il coherer
http://www.fgm.it/marconi/personaggi/temistocle-calzecchi-onesti.html Breve biografia su Calzecchi Onesti
https://www.museomarconi.it/apparati_museo/coherer/ Museo Marconi


fisica/strumenti/coherer.txt · Ultima modifica: 2024/09/18 16:56 da fabio.panfili