Indice
Misura della velocità della luce
Teoria della velocità della luce
La velocità della luce è data dal rapporto tra lo spazio e il tempo, quindi la formula è: $c=s/t$ ($m/s$). Ad oggi sappiamo che la velocità della luce nel vuoto ha un valore costante di $299 792 458 m/s$, approssimato circa a $3⋅10^8 m/s$, ma non è l’unico mezzo in cui la luce si può propagare. Ci sono moltissimi materiali in cui la luce si propaga, come l’acqua. Prima di poter determinare la velocità della luce in qualsiasi materiale, bisogna come prima cosa conoscere, o calcolare, l’indice di rifrazione di esso, che varia da materiale a materiale. L’indice di rifrazione è il rapporto tra la velocità della luce nel vuoto e la velocità dell’onda elettromagnetica del materiale o mezzo considerato, quindi la formula è: $n=c/v$ . Esso è una grandezza adimensionale che deve essere sempre maggiore di $1$, dato che ovviamente $c$ è sempre maggiore di $v$: in particolare se $n>1$ allora la sostanza ha una bassa densità, se $n>>1$ allora la sostanza ha un’alta densità. L’indice di rifrazione può dipendere dalla lunghezza d’onda dell’onda elettromagnetica incidente, dalla temperatura e, per i gas, dalla pressione. La velocità della luce nell’acqua ha leggere variazioni che dipendono dagli indici di rifrazione dei vari tipi di acqua in cui la luce si propaga. Analizzando due tipologie di acqua, avremo due diversi indici di rifrazione e due diverse velocità di propagazione:
- acqua distillata. L’indice di rifrazione dell’acqua distillata vale $1.33$, quindi la velocità della luce è circa $2.26⋅10^8 m/s$.
- acqua salata. L’indica di rifrazione dell’acqua salata è pari a $1.55$, quindi la velocità della luce è circa $1.93⋅10^8 m/s$.
Teoria del fotodiodo
Il fotodiodo è un diodo caratterizzato da una giunzione P-N, un cristallo a semiconduttore, formato da due zone o regioni, la zona P e la zona N adiacenti l'una con l'altra e di materiali semiconduttori diversi: la prima è formata da silicio drogato con boro ed ha eccedenza di elettroni; la seconda, invece, è formata da silicio con una piccolissima quantità di fosforo ad eccedenza di lacune, cioè portatrici di carica elettrica, le quali contribuiscono al passaggio della corrente elettrica nei semiconduttori.
Il fotodiodo è costituito da semiconduttori perché essi consentono di conservare la carica elettrica, mentre se si utilizzassero altri materiali, gli atomi della carica elettrica potrebbero disperdersi. Da essi dipende infatti l'energia minima che il fotone dovrà possedere per poter generare la fotocorrente. I materiali utilizzati con maggior frequenza per produrre fotodiodi sono: Silicio, Germanio, Arseniuro di indio gallio e Solfuro di piombo.
Teoria dell'effetto fotoelettrico
Il fotodiodo funziona sul principio di Effetto fotoelettrico: quando si accende la giunzione di questo dispositivo a semiconduttore a due terminali, la corrente elettrica inizia a fluire attraverso di esso.
L'effetto fotoelettrico è un fenomeno che consiste nell'emissione di elettroni, da parte di un atomo quando viene investito da radiazione elettromagnetica avente una determinata energia. Gli elettroni espulsi nel fenomeno dell'effetto fotoelettrico sono solitamente trattenuti da una certa energia e per espellerli all'esterno occorre investire l’atomo con una radiazione elettromagnetica avente una energia almeno uguale all'energia che li trattiene.
$$ E = h \cdot v $$
La frequenza di tale radiazione viene detta frequenza critica $v_0$, ed è caratteristica di ogni atomo:
- Utilizzando una luce di frequenza $v < v_0$, anche se molto intensa, non si verifica alcun effetto.
- Utilizzando una luce di frequenza $v > v_0$, gli elettroni emessi mostrano una energia cinetica tanto più grande quanto maggiore è la frequenza $v$.
Solo particelle cariche di sufficiente energia sono in grado di spostare altre particelle e di impartire loro una accelerazione tanto maggiore quanto maggiore è la frequenza della luce impegnata. Aumentando l'intensità luminosa di una radiazione con frequenza $v < v_0$, aumentano il numero di fotoni incidenti ma ciascuno di essi ha un'energia troppo debole per estrarre gli elettroni. Quindi, anche aumentando l'intensità luminosa della radiazione incidente, non si verifica emissione di elettroni da parte dell’atomo e non si verifica l’effetto fotoelettrico.
Descrizione dell'esperienza
Nell’esperienza che siamo andati svolgere avevamo come obiettivo la determinazione della velocità della luce nel vuoto. Visto l’obiettivo, i materiali utilizzati per l’esperimento erano: trasmettitore di luce, ricevitore, oscilloscopio e cavi per collegare gli strumenti. In particolare nel nostro caso, abbiamo due fotodiodi: il primo è l’emittente, un fotodiodo rosso impostato a 60 MHz; il secondo è il ricevitore, un fotodiodo amplificatore, mescolatore e parte collegata alla rete, modulato sempre a 60 MHz. Questi due componenti sono separati in due custodie diverse collegate attraverso un cavo, con cui l'emittente viene alimentata con la corrente proveniente dalla sezione di rete del ricevitore, questo segnale elettrico di 60MHz arriva al trasmettitore che lo converte in un segnale ottico tramite il fotodiodo incorporato. Poi questo segnale elettrico viene inviato al ricevitore con un segnale di 59,9 MHz, generato dal fotodiodo che produce il segnale ottico. Quindi il segnale da 60,0 MHz viene mescolato con quello da 59,9 MHz, a causa del loro incontro, all’interno del ricevitore, ottenendo un segnale elettrico a bassa frequenza di 100kHz.La frequenza del segnale trasmesso dall’emittente al ricevitore varia a causa di una piccola dispersione dovuta al percorso del segnale. Questo segnale, poi, viene trasmesso all’oscilloscopio, in modo tale da poterlo vedere sul display integrato.
Strumenti
Strumenti | Descrizione |
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Setup per la misura | Apparato per la misura della velocità della luce |
Sitografia
Link | Descrizione |
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Wikipedia | Fotodiodo |
chimica-online.it | Effetto fotoelettrico |
Pagina scuola Cardano di Pavia | In questa pagina c'è un esempio di esperienza con scheda didattica |